La pastorale degli adolescenti al tempo del Coronavirus

Il desiderio forte è quello di riuscire a intercettare il vissuto reale di bambini, preadolescenti e adolescenti per poterlo poi rileggere insieme.

In questo tempo così inedito ed incerto, quale presenza della Chiesa e dell’oratorio immaginiamo per le giovani generazioni? Certamente, vogliamo continuare ad esserci!

Il desiderio forte è quello di riuscire a intercettare il vissuto reale di bambini, preadolescenti e adolescenti per poterlo poi rileggere insieme, con uno sguardo cristiano e grazie agli strumenti migliori che la tecnologia ci mette a disposizione. Per questi ultimi inoltre, la bella sfida è imparare ad utilizzarli e a padroneggiarli perché le esperienze vissute virtualmente - per quanto possibile - possano mantenere il gusto e il sapore dell’incontro autentico e del legame che si consolida, anche a distanza.

Nella serata di giovedì 23 aprile è stato proposto un incontro formativo online rivolto in modo particolare a tutti i don e gli  educatori degli adolescenti dei nostri oratori. Sono intervenuti don Emanuele Poletti, direttore UPEE, e dott. Tomaso Tiraboschi, collaboratore della Fondazione Angelo Custode ed esperto di relazioni all’interno dei mondi digitali. 

 

Di seguito il riassunto della serata dell'incontro su Zoom con il dott. Tomaso Tiraboschi.

 

“Prima che l’epidemia dilagasse, ci sopravvalutammo. Eravamo come dei supereroi”. È vero: prima di questa pandemia e di questo tempo inedito, ci sentivamo propri così come ha scritto un’adolescente di nome Sofia nella lettera pubblicata su L’Eco di Bergamo qualche giorno fa. Ci sentivamo invincibili, implacabili. Di colpo ci siamo ritrovati in nuova e sconosciuta quotidianità. Una realtà che ha stravolto totalmente le relazioni. In un primo momento ci siamo resi conto di essere fortunati a vivere in un periodo in cui la tecnologia potesse venire in aiuto sotto molti aspetti. Si può lavorare da casa, mantenere i contatti tramite un semplice messaggio, ma non è nulla a che vedere con le vecchie abitudini. È un’esperienza nuova che non può limitarsi ad una transizione online di ciò che prima facevamo nella vita reale. Serve un nuovo atteggiamento, un nuovo modo di essere e di prendersi cura degli adolescenti: un nuovo modo di essere oratorio.
Questi interrogativi sono stati il fulcro del primo incontro formativo online riguardo la pastorale degli adolescenti ai tempi del Coronavirus. Da circa due mesi, gli oratori hanno chiusi i loro cancelli, ma non si sono mai fermati. I sacerdoti e gli educatori che lo abitavano, hanno continuato il loro operato adottando nuovi modi per stare vicino alla comunità anche a distanza. “I nostri oratori sono chiusi, ma non sono fermi - ha sottolineato don Emanuele Poletti, direttore Upee -. “Non lasciamoci rubare l’oratorio, ovvero continuiamo ad avere e a custodire quel desiderio di cura educativa nei confronti delle giovani generazioni, per cui l’oratorio è sempre stato uno strumento prezioso. Certo ora abbiamo bisogno di cambiare mentalità e probabilmente di andare all’essenziale. Spero che quando riapriremo i cancelli, lo faremo più maturi dell’esperienza che stiamo vivendo in questi mesi”.
Bisogna esserci e gli oratori con i loro educatori ci sono. Sono lì, in prima linea e l’ha notato anche Papa Francesco che si è congratulato con i sacerdoti e i laici per la creatività con cui sono riusciti a prendersi cura della comunità. Fino a due settimane fa, il periodo quaresimale ci ha aiutato nel rileggere la situazione, ma ora la questione si concentra sul come riagganciare gli adolescenti e accompagnarli in questo insolito oggi.
La pandemia è stato un fulmine a ciel sereno, ci ha colto impreparati proprio come sottolinea il dottor Tomaso Tiraboschi, collaboratore della Fondazione Angelo Custode ed esperto di relazioni all’interno del mondo digitale. “È terminato un film che stavamo vivendo. Ora viviamo una situazione nuova in cui ognuno è colpito in maniera diversa. C’è chi si ritrova penalizzato perché non ha gli strumenti per rimanere in contatto con gli altri. Ci dobbiamo chiedere quali strumenti utilizziamo per raggiungerli e con quali proposte”. Questa situazione si rivela un’occasione per entrare nel mondo digitale degli adolescenti e imparare il loro linguaggio. Agli oratori è chiesto di sperimentare forme innovative di relazione che si trasferiscono anche su Facebook, Instagram oppure Tik Tok.
“In ambito formativo è bene tener presente il concetto di seamless learning ovvero un insegnamento senza barriere - ha proseguito il dottor Tiraboschi -. Significa non avere soluzioni di continuità. Ci troviamo di fronte a degli adolescenti che sono dei nativi digitali. Sono individui che sono continuamente in contatto con strumenti che gli permettono di apprendere e di conoscere”. Come i sistemi digitali sono in continua evoluzione, così anche il modo di approcciarsi ai social è in costante cambiamento. In rete non esistono contenuti statici. Quando gli oratori hanno chiuso, la volontà era quella di portare avanti ciò che si aveva programmato trasferendolo online. Il rischio che si corre, però, è quello di non riuscire a sfruttare a pieno le opportunità dei social. “Se trasferisco il contenuto di un libretto cartaceo su un file PDF ho fatto una transizione, ma non ho sfruttato le potenzialità degli strumenti. Ci sono cose che non si possono replicare online. Gli adolescenti usano benissimo i social e possono essere dei maestri. Loro abitano l’ambiente digitale, costruiscono delle relazioni, e noi abbiamo la necessità di conoscere questo mondo. Non è la stessa cosa dell’essere in presenza, ma anche solo una chiamata in Skype apre una finestra sulla vita di un adolescente. Possiamo far interagire il ragazzo con ciò che lo circonda e conoscerlo meglio. È una vicinanza virtuale fatta di piccole attenzioni come un like a una foto o un complimento per qualcosa che hanno scritto. Loro lo notano”.
Che dire? La pastorale degli adolescenti si trova ad affrontare una sfida dall’equilibrio difficile. Da una parte si ha il desiderio di essere presenti e di prendersi cura, dall’altra è necessario fare i conti con i mezzi che ora abbiamo a disposizione e che conosciamo molto poco. Stiamo vivendo un periodo di prova in cui si è chiamati a sperimentare, reinventare e adattare anche l’essere oratorio. Forse oggi ci sentiamo un po’ meno supereroi, ma sicuramente più umani. Siamo tutti in cammino per trovare ciò che ci permette meglio di avere cura delle giovani generazioni. Quella cura educativa che, da sempre e in particolar modo in oratorio, è una delle forme costitutive per l’annuncio del Vangelo. Perché Dio, per primo e da sempre, si prende cura di noi.

 

Qui il video completo incontro.

 

 
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