Essere una casa capace di accogliere tutti

Nel dire "grazie", guardiamo alla vita che è davanti ai nostri oratori, ma anche a quella che è ormai dietro di noi e attorno a noi. 

Si sente nell’aria, i giorni del Natale sono ormai vicini. Non solo per le luminarie che riempiono il buio delle nostre strade, ma anche per le tante attività che stanno accadendo nei nostri oratori. Non passano certo inosservate le iniziative che i don, i catechisti, gli animatori della domenica e gli allenatori delle società sportive stanno proponendo ai più piccoli con l’intenzione di prepararsi al Natale, per poi scambiarsi gli auguri. Come potrebbe essere diversamente? Per noi cristiani, nella Notte di Natale, Dio si fa uomo e fa casa tra le nostre case. Possiamo forse restare indifferenti a tutto questo? Possiamo forse non prepararci adeguatamente, per poi augurarci del bene per il futuro, segno del grande bene che Dio - facendosi uomo - ci dona? 
E se lo scambiarsi gli auguri, pur mantenendo uno sguardo in là per quanto di bene si desidera dal futuro, diventasse un’occasione di gratitudine per quanto è stato fatto e si sta facendo? Ecco, nel fare gli auguri a tutti gli oratori, vogliamo anche noi provare a fare il punto della situazione. In altre parole: guardare alla vita che è davanti ai nostri oratori, ma anche a quella che è ormai dietro di noi e attorno a noi. 
 
Dietro di noi. Il 2022 è stato un anno intenso, molto intenso. Ancora dentro una pandemia che fatica ad abbandonarci del tutto, e nonostante una guerra di cui tutti faremmo volentieri a meno per i tristi effetti che porta con sé, in questo anno abbiamo provato a riprendere i passi più normali di sempre. All’inizio, pensiamo allo scorso gennaio, non è stato facile. Tuttavia, dalla primavera in avanti, è stato un susseguirsi di iniziative, alcune anche molto partecipate: oltre la celebrazione dei sacramenti, pensiamo ai CRE dell’estate, ai campi scuola, ai percorsi di formazione a tutti i livelli… Chiaramente non sono mancate e non mancano le fatiche, anche per l’onda lunga della fragile situazione in cui ancora ci troviamo, ma è stato bello toccare con mano il desiderio delle giovani generazioni di volerci e di poterci essere.

Arrivare a Natale, fermarsi per lasciare spazio a un Dio che vuole entrare nella nostra vita, non può non farci dire “grazie” per quanto di meraviglioso ha già compiuto. Un grazie che, mentre sale a Dio, diventa anche un augurio per i nostri oratori: non dimenticare la storia vissuta perché segno di una vivacità che è anzitutto dono e che chiede di essere ricordata se vuole essere custodita.
Attorno a noi. In queste ultime settimane, siamo stati accompagnati da un itinerario che, domenica dopo domenica, ci ha preparato al Natale. “Lo ospitò in casa sua” è il titolo del cammino proposto a tutte le fasce d’età delle nostre comunità. I passi compiuti, però, ci portano subito alle tante iniziative che i nostri oratori hanno già in calendario e che, a breve, andranno a realizzare, in particolare per gli adolescenti. La consapevolezza dei “lavori in corso” vuole anch’esso diventare augurio coerente con il cammino compiuto: che i nostri oratori possano essere veramente “casa” per tutti, dai più vicini ai più lontani. Sì, perché proprio questa cosa – casa per tutti! -, sull’esempio di Dio che si fa uomo per tutti e fa casa con noi, è anche la vocazione dell’oratorio!  Di ogni oratorio!
 
Davanti a noi. L’augurio appena fatto – non vogliamo essere ingenui – apre tante altre riflessioni. Cosa vuol dire oggi essere “casa per tutti”? Come esserlo soprattutto in questi anni in cui molti oratori stanno rimanendo senza un giovane prete – il curato! – che per decenni è stato punto di riferimento? Qui l’augurio deve assolutamente avere lo spessore e il sapore della concretezza! Ci proviamo con un semplice affondo. Riguarda chiaramente le giovani generazioni, gli oratori che provano essere casa per loro, ma anche le comunità cristiane nella loro interezza e quindi la Chiesa.
 
Dallo scorso anno e in particolare in questi mesi, i vescovi lombardi e alcuni giovani in rappresentanza di tutti quelli che abitano questo territorio, si sono messi in dialogo. Un dialogo fortemente centrato su quello stile sinodale che Papa Francesco ha chiesto a tutta la Chiesa. È un dialogo che da entrambe le parti si auspica possa portare frutto. Non tanto nei termini di un prodotto da sbandierare ad altri, ma nel riuscire a ricreare – all’interno della Chiesa e quindi delle nostre comunità cristiane - quell’atmosfera che faccia sentire le diverse generazioni parte in causa di questo dialogo “a casa”. Il “processo” (così piace chiamarlo a Papa Francesco) innescato dai vescovi a livello regionale entra proprio in questi giorni nella sua fase diocesana.  Ci stiamo accorgendo che non è facile, che a volte non ci sono le condizioni ideali per sentirci a casa tra generazioni e ruoli differenti, e in alcuni casi non siamo nemmeno capaci di crearle minimamente. Non importa. Incoraggiamoci a continuare il cammino intrapreso e invitiamo tutti - gli adulti e i giovani delle nostre comunità cristiane - a fare altrettanto. Solo così l’oratorio e quindi la chiesa, potrà essere veramente – anche oggi - “casa per tutti”! Auguri di cuore!
 
Don Emanuele Poletti
  
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