Prenderci cura dell'altro ci definisce e ci aiuta a sognare

Aldo Lazzari: "Permettiamo al prossimo di riscoprirsi capace di speranza e futuro"

La parola “altro” genera in noi reazioni diverse: ciascuno in base al proprio vissuto dà un peso e valore a questo termine che -volenti e nolenti- ci interpella. Delle volte ci trova accoglienti, altre un po’ meno e altre ancora incuriositi o desiderosi di fare quel passo in più per incontrarsi a metà strada. In ogni caso, l’altro arriverà ad incontrarci e a darci quel colpetto sulla spalla per dirci il suo “sono qui”. Per scendere più in profondità rispetto al tema del Cre-Grest 2023 “Tuxtutti” e che prende sempre più forma, abbiamo chiesto ad Aldo Lazzari -  operatore della Caritas Diocesana Bergamasca e Fondazione Diakonia Onlus - di arricchire il nostro punto di vista grazie alla sua esperienza lavorativa e non. Aldo è il responsabile, in particolare, dell’area YoungCaritas che raggruppa le azioni pensate e realizzate per i e le giovani e quelle con i e le giovani. “In concreto mi occupo dei progetti nelle scuole, del servizio civile universale, dei progetti di volontariato strutturato per ragazzi e ragazze, dei viaggi di volontariato estivi (il progetto Sogliaggi) e poi molte altre cose” esordisce sorridente. Con lui proviamo a comprendere un po’ di più che cosa significhi prendersi cura dell’altro ed essere disposti a mettersi al servizio di tutti. Quell’altro che - a detta del manuale del Cre 2023 - “è vicino e amico,  è lontano e diverso, è povero e sfiduciato, sento minaccioso, mi infastidisce, mi interpella o mi ignora, mi capita o scelgo per condividere la vita”. 
 
Se ti diciamo TuXTutti a che cosa pensi? 
A dire la verità la prima cosa che mi viene in mente sono i moschettieri, mentre esclamano “tutti per uno, uno per tutti”. E penso che questo titolo sia molto bello perché va a migliorare quel motto. Provo a spiegarmi: “Tu” fa parte di “tutti” e può davvero agire come una moltiplicazione (come simboleggiato dalla X presente nel titolo). Credo che il titolo di questo anno a me racconti questo: se ciascuno fa il suo pezzetto, il mondo diventa un posto davvero per tutti e tutte. Tutto questo cambiamento, però, parte da me. Sono io il primo a essere chiamato a mettermi in gioco, ad esserci.
 
Quest’anno il tema del Cre sono la cura e il servizio: che cosa rappresentano queste due parole per la tua professione? 
Se penso al mio servizio, penso alle tante e ai tanti giovani volontari che incontro per lavoro e che fanno di tutto per cercare di dare qualcosa agli altri attraverso anche esperienze di ingaggio personale importante. Se mi soffermo sulla parola “cura” penso a una forma di stile che spero possa essere più “indossato” da tutte e tutti. Le due parole per me sono molto legate: aver cura di chi fa servizio è praticamente quasi la totalità del mio tempo di lavoro. Però penso anche che, in generale, non possa esserci servizio senza un’attenzione alla cura degli altri o delle altre. Se manca la cura, allora non è più servizio, ma una forma di compiacimento meramente personale. 
 
Che cosa significa per te la parola “altro”? Perché prendersene cura? 
Altro per me è qualcosa, qualunque cosa, diverso da me. Tutto è un po’ “altro” da me. Credo che sia importante prendersene cura, dell’altro, perché altrimenti non riuscirei a definirmi in nessun modo. Diciamo che curarsi dell’altro permette di comprendere a fondo chi sono io. Altrimenti ci si continua a prendere cura di sé stessi, ma solo davanti allo specchio. 
Nel manuale del Cre troviamo scritta questa frase “prendersi cura è sanare le fatiche, ma anche far fiorire le possibilità”: come si traduce nel tuo servizio? 
Qui in Caritas questa frase è fondamentale e si trova alla base di ogni progetto. Aiutare chi si trova in difficoltà è necessario ed è urgente; ma ancora più urgente è far capire a chi fa fatica che ha delle possibilità, che a volte sono precluse per tanti motivi. Riuscire a tenere legati l’aiuto nella difficoltà con il rendere possibile le scelte dell’altro sono per Caritas due questioni fondamentali.  A ciò si aggiunge una forte sottolineatura delle ingiustizie che, a volte, soffocano le possibilità dei più poveri e dei più fragili.
Se rileggo anche il mio vissuto, credo che le forme di aiuto più preziose che ho ricevuto siano state proprio tutte quelle che mi hanno permesso di darmi delle nuove possibilità. Per Caritas queste attenzioni si traducono nei servizi che gestiamo in città per chi vive in una situazione di grave marginalità, nei diversi appartamenti dove accogliamo tante persone e in tutti quei progetti che provano ad alimentare una cultura del servizio e della cura. 
 
Che cos’è che rende speciale un gesto di carità? 
È una domanda difficile. Non saprei nemmeno come rispondere se non che un gesto di carità permette, in modo gratuito, che l’altra persona possa riscoprirsi capace di qualcosa. E poi un’azione simile non è mai solitaria, è un gesto di tante persone. Riaprire una possibilità, facendo qualcosa insieme. 
Un consiglio a tutti gli oratori per vivere al meglio l’ambito della cura dell’altro
Accendete l’immaginazione e lasciare viaggiare tanto la vostra mente. Pensateci e chiedete una mano se vi serve. Ma più di tutto, immaginate tanto qualcosa di diverso che non c’è mai stato prima. Si può rivoluzionare il mondo anche partendo dal Cre! Il TuXTutti parte da ciascuno di noi. 
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