La comunità cristiana si prende cura degli adolescenti

Gli adolescenti ci riguardano perché ci riguarda l'umano e abbiamo sperimentato la cura.

Chi sono gli adolescenti? Che cosa si può fare per loro? Da che parte si va? Domande complesse a cui non esiste una risposta univoca, ma che sono in grado di raccogliere le molteplici sfide educative dell’oggi. Da questi stessi interrogativi è partito l’incontro formativo di domenica scorsa svoltosi all’Oratorio di Boccaleone. Educatori degli adolescenti, sacerdoti, equipe educative e membri delle Terre Esistenziali si sono ritrovati per dare il via a un nuovo cammino grazie cui prendersi cura degli adolescenti: coloro che sono in divenire, che cercano la propria strada tra fragilità e potenzialità. 

Il progetto “Seme divento”
L’incontro formativo è stato anche il modo con cui far ripartire il lavoro diocesano del progetto “Seme divento”. Un lavoro di lunga data che viene nuovamente arricchito, fino ad essere definito e messo in atto come un processo. Dopo i primi orientamenti nazionali ricevuti lo scorso anno, la diocesi di Bergamo ha portato avanti la proposta in modo circolare. Una circolarità per così dire “verticale”. Avvenuta inizialmente tra il livello nazionale e quello diocesano, con questo incontro si è voluta far accadere anche tra il livello diocesano e quello parrocchiale. E vista la bontà della dinamica, vuole essere il modus operandi del futuro. Come è successo per la diocesi, così la comunità cristiana riceverà nel corso del tempo dalla stessa diocesi input e nuovi spunti formativi in grado di innescare riflessioni e gesti utili per la crescita delle giovani generazioni. Questo processo, però, non vuole limitarsi ad una semplice circolarità verticale. Si procede anche con orientamenti orizzontali, costruendo preziose collaborazioni, sia a livello diocesano che a livello territoriale. Alla rete costruita tra l’Ufficio Pastorale dell’Età Evolutiva, l’Ufficio Famiglia, l’Ufficio Catechistico, l’Ufficio Vocazioni e l’Ufficio Salute con la Fondazione “Angelo Custode” e i suoi consultori, si suggerisce alle parrocchie vicine tra loro di provare a lavorare - insieme - per la formazione dei loro educatori degli adolescenti. 

Gli adolescenti di oggi
Essere a stretto contatto con gli adolescenti non è semplice. Vivono il loro presente come se fosse l’unica cosa che conta e non hanno una prospettiva tale da comprendere fino in fondo che quella sarà una fase passeggera. Per questo motivo stargli accanto – è stato ribadito ancora: insieme! - è un lavoro che va costruito giorno per giorno. Ed esserci diventa il primo passo di una relazione tanto ambita quanto spaventosa. “L’adolescente ha bisogno di appartenere a qualcuno – ha esordito Luca Melocchi, educatore e psicologo della Fondazione Angelo Custode-. In questa fase della vita, il tentativo degli adolescenti è quello di capire chi sono. È qui che inizia il proprio percorso di individuazione del sé in cui ci si sente dei supereroi, ma si vive una fragilità mai sperimentata prima”. Quelli di cui le comunità cristiana sono chiamate a prendersi cura sono degli adolescenti “nuovissimi”: i loro compiti evolutivi sono rimasti pressoché invariati, ma il continuo cambiamento del mondo che li circonda genera nuove esigenze e altrettante sfide.

Il ruolo della comunità cristiana
Di fronte a una situazione simile, la domanda che ci si è posti, è stata: “Perché mi riguarda?”. Perché un educatore, un sacerdote, un membro di equipe educativa o delle Terre Esistenziali dovrebbe sentirsi chiamato in causa quanto si parla di adolescenti? “Perché noi siamo la Chiesa – le comunità cristiane riunite - che si occupano degli adolescenti” ha sottolineato Federica Crotti, formatrice e collaboratrice UPEE, innescando così un cambio prospettiva. Da un “io” che si prende cura (singolo educatore o parrocchia che sia), occorre passare a un “noi”, perché tutta la Chiesa – l’insieme delle comunità cristiane - sono chiamate a prendersi cura degli adolescenti. La domanda si trasforma, diventa “Perché ci riguarda?” e trova delle prime risposte in alcune motivazioni. “L’adolescente ci riguarda perché l’uomo ci riguarda, poiché anche Dio si è fatto corpo. Ci riguarda perché abbiamo sperimentato noi stessi la cura che ha costruito il nostro modo di essere Chiesa. Ci riguarda perché è una chiamata, noi siamo stati chiamati a questo servizio”. A dei “perché” corrispondono anche dei “come” che delineano un modo di esserci e stare accanto agli adolescenti. Tutto parte ancora una volta dall’ascolto: ci si fa prossimi fermandosi a guardare l’adolescente che si incontra. Una volta incontrato e ascoltato, all’adolescente va data l’opportunità di vivere esperienze di vita sempre in un’ottica di comunità. I “vai” si trasformano in un “andiamo”, la condivisione si conferma alla base di ogni attività svolta in oratorio e ci si lascia toccare dalla vita. Da qui, il passo successivo, ma non automatico è quello della relazione. Gli adolescenti hanno bisogno di una casa che non imbrigli, ma che li faccia fare esperienza di essa. È in una casa che si generano relazioni autentiche, capaci di prendersi cura dell’umano che ci riguarda.

I percorsi formativi
Alla luce delle prime risposte, il cammino che si prospetta non è scontato e il rischio di sentirsi da soli a volte c’è. Basta guardarsi attorno, però, per capire che non è così. Come educatori si possono cercare alleanze nei sacerdoti, nella comunità, nelle famiglie, nelle agenzie educative del territorio, nelle parrocchie vicine, nelle Comunità Ecclesiali territoriali e, infine, anche nella diocesi. La nuova equipe di formatori costituita per il progetto “Seme divento” rimane a disposizione con una serie di proposte formative, come ha ribadito la dott.ssa Elena Moioli, collaboratrice UPEE e coordinatrice del gruppo, a fine incontro. Tutti i percorsi formativi sono presentati sul sito www.oratoribg.it e presso il Centro Oratori è possibile ritirare l’opuscolo con la descrizione completa del progetto. “Noi ci siamo perché ci riguarda”.
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