Chiamati ad "andare oltre" per servire la comunità

Prendersi cura della comunità si traduce con il motto di don Milani: "I CARE". Chiara Drago (Sindaca): "Impariamo a rispondere alle sfide del presente".

C’è un grande sogno che accomuna tutti gli oratori. È un obiettivo comune suggerito da San Giovanni Bosco: in oratorio desideriamo crescere “buoni cristiani e onesti cittadini”. Oggi più che mai, questa breve frase risulta ancora più profetica e significativa. In una società in cui l’individualismo è in crescita, prendersi cura della comunità e delle istituzioni può essere davvero un gesto rivoluzionario. La rivoluzione, però, non la si fa da soli: siamo chiamati “ad andare oltre” e a costruire alleanze. Chiara Drago, 41 anni, è sindaco di Cologno al Serio da ormai sette anni, ma sin da giovane si è presa cura della propria comunità facendo parte dell’amministrazione comunale. Con lei proviamo a comprendere meglio cosa significhi prendersi cura della comunità a 360 gradi.
 
Se le diciamo TuXTutti a cosa pensa? Può raccontarci una situazione in cui l’ha sperimentato?
TuXTutti mi fa pensare a uno dei problemi che spesso viviamo anche a livello amministrativo: il tema dell'individualismo. Si percepisce sempre di più un’attenzione alla propria realizzazione individuale, che è importante, ma va contestualizzata all'interno di una comunità con un contesto più ampio. Altrimenti il rischio che si corre è quello di avere una visione limitante. Il tema del Cre mi piace perché ci provoca e l’ho sperimentato a livello amministrativo soprattutto nelle situazioni di difficoltà. Negli ultimi anni ne abbiamo vissute tante, ma la comunità si è sempre attivata: sia che si trattasse di un problema che ha colpito direttamente il territorio (come dei fenomeni atmosferici e la pandemia) che di situazioni difficili che si stavano verificando in Italia o nel resto del mondo (i terremoti del Centro Italia e la guerra in Ucraina per cui sono state organizzate raccolte fondi e accoglienze). Sono stati dei momenti difficili in cui la comunità ha reagito non come una somma di tanti individui, ma proprio con il sentirsi parte e responsabili di una società più allargata. Grazie ciò si sono creati dei legami forti e tutti sono stati capaci di andare oltre a sé stessi. Sono state delle risposte corali ed è qui che sta la forza del “TuXTutti”. 
 
Quest’anno il tema del Cre sono la cura e il servizio: che cosa rappresentano queste due parole per il suo ruolo?
Credo che siano i due termini fondamentali per essere comunità. Qui ci aiuta don Milani con il suo “I CARE”: non essere indifferenti a ciò che accade agli altri. Amministrare una comunità vuol dire mettersi al servizio ovvero esserci e rispondere alle domande di ogni membro della comunità. È a partire dai piccoli gesti che si realizza il proprio servizio.  
Che cosa significa sentirsi responsabili di una comunità? 
Noi sindaci siamo chiamati “primi cittadini”, ma non è una dicitura che non va ad intendere l’essere “a capo” della comunità. È una descrizione – secondo me – che rappresenta bene il nostro essere in prima linea. Il servizio combacia con l’essere responsabili di una comunità. Soprattutto nella realtà comunali più piccole, il sindaco è la prima persona a cui ci si rivolge quando si hanno delle problematiche di qualunque genere. E nel rispondere ci si assume la responsabilità di ogni azione proposta spiegando alla comunità le motivazioni della scelta. L’essere sindaco è un servizio che ti coinvolge anche a livello emotivo: il desiderio è che – con il tuo esserci – tu possa contribuire a fare del bene per la comunità.
 
Quali azioni concrete può compiere un cittadino nel suo piccolo per la comunità?
È un buon cittadino, secondo me, chi è capace di andare oltre al sé. Occorre prendere coscienza che siamo tutti parte di una comunità e che, quindi, ogni piccolo gesto può fare la differenza. Combattere l’indifferenza significa risponde quando la realtà chiama utilizzando gli strumenti che si hanno. Esercitare la propria cittadinanza significa intervenire là dove si può, non delegare agli altri e chiedere aiuto nel momento del bisogno.
 
In un tempo in cui riscontriamo un allontanamento dalle istituzioni, è possibile crescere delle giovani generazioni ancora interessate al bene comune? Se sì, come? 
Qui la grande differenza la si può fare solo insieme. Spesso quando qualcosa non va, il primo colpevole additato è la famiglia. L’educazione dei più giovani, però, non può essere delegata esclusivamente alla famiglia. Esistono diverse realtà che si interfacciano con la vita di un ragazzo in crescita e non possiamo dimenticarne l’importanza. In primo luogo, va sostenuta la famiglia che è il “primo sistema educativo” con cui un bambino entra in contatto e poi occorre riconoscere il valore di tutta la rete a partire dalla scuola perché è il luogo in cui i giovani passano gran parte del loro tempo. Non dimentichiamoci di tutte le associazioni e degli oratori che sono delle vere e proprie palestre di vita in cui i ragazzi possono scoprire meglio chi sono e quali siano i loro talenti. I giovani sono parte della comunità ed è giusto dar loro spazio per lasciarli liberi di esprimersi e dare il loro contributo. Nel comune di Cologno al Serio, ad esempio, da sei anni abbiamo attivato l'esperienza del consiglio comunale dei ragazzi. È un vero e proprio consiglio comunale costituito da ragazzi con un’età compresa tra i 10 e i 14 anni in cui sono loro ad avanzare proposte da realizzare per la comunità. Noi, in qualità di amministratori, ascoltiamo e valutiamo come realizzare il progetto spiegando le nostre motivazioni ai ragazzi. Questa è un’esperienza molto positiva: è una modalità di apprendimento che può suscitare interesse nei confronti della comunità. 
Uno dei temi che ci sta più a cuore è sicuramente quello del ricambio generazionale: bisogna avere il coraggio di consegnare le nostre comunità ai giovani che saranno gli amministratori di domani.
 
Un consiglio a tutti gli oratori per vivere al meglio la cura nei confronti della comunità e delle istituzioni
Il lavoro svolto finora con gli oratori ha avuto dei risultati molto positivi. Continuiamo su questa strada e continuiamo a collaborare per far sì che l’oratorio esca sempre di più dalla porta e sia sempre più presente sul territorio. La collaborazione è una relazione arricchente sia per l'oratorio che per la comunità ecclesiale e civile. In particolar modo, credo che possa essere interessante anche per i giovani. L’oratorio può essere una palestra di vita anche per sentirsi sempre più partecipi e responsabili della propria comunità. 
 
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