La Pasqua come occasione per rinnovare lo sguardo

Auguri a tutti gli oratori: "Guardiamo al mondo come se fosse la prima volta, con gli occhi di un bambino"

“Ho capito che eri qui. Che mi rivelavi il tuo segreto: ogni giorno guarda al mondo come se fosse la prima volta. Allora ho seguito il tuo consiglio con impegno. La prima volta. Contemplavo la luce, i colori, gli alberi, gli uccelli, gli animali. Sentivo l’aria che mi passava nelle narici e mi faceva respirare. Udivo le voci che salivano nel corridoio come nella volta di una cattedrale. 
Mi trovavo vivo. Fremevo di pura gioia. La felicità di esistere. Ero incantato. 
Grazie, Dio, di aver fatto questo per me. Avevo l’impressione che mi prendessi per mano 
e che mi conducessi nel cuore del mistero a contemplarlo”.

(Eric Emmanuel Schmitt – Oscar e la dama in rosa)
 
In questo stralcio di parole, pescate da un libro meraviglioso e a me molto caro (che vi esorto a recuperare e leggere, se non lo avete ancora fatto) mi pare di individuare la sintesi più bella per raccontare, con estrema semplicità, il senso autentico della Pasqua vissuta cristianamente. É l’augurio che voglio fare a tutti voi, cari lettori che ci seguite in questo inserto settimanale dedicato agli oratori e a tutti coloro che, in modo diverso, vivono l’Oratorio: ragazzi, adolescenti, giovani, sacerdoti, volontari.
 
Una frase dice tutto: “Ogni giorno guarda al mondo come se fosse la prima volta”. Ogni giorno apri gli occhi, ma aprili sul serio, e contempla ciò che vedi.  Troppo spesso camminiamo nella vita con occhi che vedono, ma non contemplano. Ancora più spesso giriamo per i nostri paesi, entriamo nelle case, incontriamo persone, con gli occhi aperti, ma appannati o addirittura chiusi di fronte alla meraviglia di cui questo mondo è intriso.

Qualche volta questi stessi occhi sono disponibili ad osservare tutto e tutti, non si lasciano sfuggire nessun particolare, specialmente quelli negativi, ma restano incapaci di cogliere la presenza di Dio che continua a camminare accanto ad ogni uomo e ad ogni situazione, come nel Vangelo che la liturgia ci propone a chiusura di questa grande giornata di festa, e che il nostro Vescovo Francesco ha proposto all’intera Diocesi come icona biblica per questo anno pastorale: i discepoli di Emmaus.
 
Per incontrare il Dio della vita, abbiamo bisogno di contemplare la vita, abbiamo bisogno di accorgerci di esistere, ma soprattutto di accorgerci di quanto sia bello esistere, così come siamo, dove siamo e con chi siamo! Ogni giorno che passa è un giorno in più donato alla nostra vita; è una possibilità in più di regalare qualcosa, e di regalarci; è la fiducia rinnovata da parte di Dio, perché possiamo stupire e stupirci in quest’avventura che ci scorre tra le mani. Abbiamo bisogno, tutti, di qualcuno che ci prenda per mano e ci conduca nel cuore del mistero a contemplarlo. Abbiamo ancora bisogno di essere educati alla meraviglia, a guardare le cose e le persone con lo stesso stupore dell’inizio. Ed è ciò che cercano di fare i nostri Oratori con le loro tante attività.
 
La Pasqua è la meta del cammino di Quaresima, tempo di grazia che, tra silenzio e sacrificio, ha orientato i nostri occhi verso ciò che è essenziale e conta davvero. Quante vie possibili nella nostra vita: quante scelte, quante direzioni. Eppure, una più di tutte sembra essere la strada preferenziale: la via della croce. Forse è la più difficile, forse la più avversa, ma sicuramente la più familiare. Tutti sperimentiamo, nelle nostre piccole e grandi croci di ogni giorno, l’esperienza della croce di Gesù: l’esperienza di chi, non solo ha sopportato, ma ha portato la croce, se l’è caricata su di sé. Una croce non sua, ma di altri; una croce che è anche nostra. Una croce pesante che diventa il vessillo più bello, la misura di un amore che non ha misura. E quando penso alla via della croce penso proprio a questo: alla via dell’amore, quello vero, quello che non finiremo mai di imparare, quello che ci ha messo al mondo e ci tiene in vita.
 
Tante direzioni, tanti orientamenti, ma la Pasqua è qui a dirci di incanalare le nostre prospettive, la nostra quotidianità, il nostro lavoro, le fatiche e le gioie delle nostre famiglie, verso la contemplazione del mistero più grande: il crocifisso è risorto! Da fratelli e sorelle cristiani sappiamo che abbiamo bisogno di dissetarci alla sorgente di quell’Amore vero, che purtroppo rischia di non meravigliarci più.
 
In questo tempo di grazia, troviamo un momento per fermarci, per respirare profondamente questo nuovo soffio di vita che si apre all’orizzonte. Troviamo un istante in cui chiedere al Signore il dono di distinguere ciò che davvero rende bella la vita da ciò che, invece, la sciupa e la ridicolizza. Non abbiamo fretta, ma fermiamoci in ginocchio di fronte all’Uomo-Dio che ha allargato le braccia per portarci tutti nello spazio intimo del cuore del Padre. Non in piedi, non seduti, ma in ginocchio. Perché chi sa piegarsi di fronte a Dio, saprà anche mettersi in ginocchio di fronte ad ogni uomo e ad ogni donna, che sente l’urgenza di essere amato da qualcuno. Come Gesù, in quel Giovedì Santo che tra poco celebreremo, quando si chinò a lavare i piedi ai suoi discepoli.
 
Guardiamo al mondo come se fosse la prima volta, con gli occhi di un bambino, uno dei tanti che abitano i nostri oratori. Facciamolo davvero! Sia questo il tempo per riaprire piano piano gli occhi alla vita, per gridare la sorpresa di essere vivi, per sperimentare sulla nostra pelle la felicità di esistere. Sia l’occasione di guardare la nostra famiglia come se fosse la prima volta, e quindi contemplarla come uno dei regali più belli in tutti i suoi aspetti e in tutti i volti che la compongono. Sia la possibilità rinnovata di cogliere nella comunità lo sforzo e la bellezza di vivere da fratelli. È la strada giusta: è la via dell’amore. Pasqua è questo: guardare al mondo come se fosse la prima volta, con gli occhi nuovi del Risorto. Lo auguro a me stesso e a ciascuno di voi. E prego per questo e per ognuno di voi.
 
Buona Pasqua di Resurrezione a tutti!
don Gabriele Bonzi, direttore UPEE
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