Essere educatori è un viaggio

Mezzoldo 2023: Cinquantatré giovani hanno scelto di partecipare al corso residenziale per crescere nella consapevolezza di un ruolo a cui sono chiamati

Scegliere di spendersi per l’altro è un gesto da non dare mai per scontato. Ieri, oggi, domani: non importa quando questa scelta sia stata fatta o arriverà, ciò che conta è il passo verso il prossimo. È un passo che mette in discussione prima di tutto se stessi com’è capitato ai 53 giovani che hanno scelto di partecipare al corso residenziale di Mezzoldo. Tanti corsisti giunti al rifugio Madonna delle Nevi con motivazioni, spinte e suggerimenti differenti, ma accomunati da una capacità di fare gruppo e mettersi in gioco che ancora oggi stupisce. 

Scegliere Mezzoldo è un gesto che comporta un certo impegno da parte di chi lo compie. Non solo questi giovani hanno scelto di fare un passo verso l’altro nella propria comunità mettendosi al servizio dei più piccoli in diversi ruoli, ma hanno anche scelto di formarsi per muovere nuovi passi più consapevoli. Questa scelta è un impegno per impegnarsi ed è mossa dal “seme che Dio dona a tutti senza discriminazioni”. Nei giorni trascorsi a Mezzoldo, infatti, non ci sono regole o ricette perfette calate dall’alto per essere educatori in oratorio. Ci sono 53 corsisti che si mettono in viaggio con un bagaglio che gelosamente custodisce emozioni, idee, fragilità, domande e desiderio di mettersi in gioco. A poco a poco – tra attività, confronti e informalità- la valigia di ciascuno si apre donando e ricevendo qualcosa dai propri compagni di viaggio. 

A viaggiare con i corsisti spalla a spalla c’era anche una guida d’eccezione: Padre Pino Puglisi. Nel trentesimo anniversario della sua morte, i giovani della nostra diocesi si sono lasciati provocare dalle parole e dalle gesta del sacerdote che ha combattuto la mafia facendo oratorio. Nel centro pastorale Padre Nostro, don Pino accoglieva tutti senza distinzioni sottraendo i più piccoli al potere delle mafie. La sua è stata definita come “una storia di santità eroica” perché alla sua felicità ha anteposto la sua scelta di “essere fertile” lasciando morire quel seme in modo da dare frutto. 

E così, accolti prima a Mezzoldo e poi a Brancaccio, i corsisti hanno iniziato il loro percorso per crescere un po’ di più nel segno di quel termine che a volte spaventa: educatore. La parola “Educatore” è forte e rappresenta un ruolo non facile da ricoprire. Già nell’etimologia è racchiusa la sfida principe di ciò che si è chiamati ad essere, ovvero qualcuno in grado di tirar fuori il meglio dal proprio compagno di viaggio. Tutto ciò può sembrare un’impresa o un compito da supereroi, ma i primi chiamati ad esserlo sono proprio tutti quei giovani che hanno scelto di essere lì a Mezzoldo in quel preciso momento. Hanno scelto di esserci con il proprio bagaglio e il proprio essere ed è proprio da qui che si parte. Come don Pino ha mosso i suoi primi passi tra i panni stesi e l’affetto della madre, anche i corsisti hanno messo a fuoco il proprio io e il proprio contesto. Esiste sempre un luogo in cui essere cresciuti e coltivati perché non si è soli, ma c’è una comunità in cui riconoscersi e in cui scegliere che terreno essere.

A fare da filo rosso all’esperienza è stata proprio la parabola del seminatore riletta sotto diverse prospettive. Dal chiedersi “che terreno sono?” all’interrogativo “cosa semino nella mia quotidianità?”, i corsisti si sono prima soffermati sul proprio essere e sulla propria storia per poi volgere lo sguardo a quella casa che è l’oratorio. Lo stesso strumento – anche se con un nome diverso – utilizzato da Padre Pino Puglisi per donare ai ragazzi di Brancaccio un futuro migliore perché in oratorio è possibile cambiare la storia e avviare una piccola rivoluzione. L’impegno sta nell’esserci con tutto se stessi e con il desiderio di andare incontro al prossimo e a Dio. 

Tra le diverse attività svolte a Mezzoldo, c’è stato tempo e spazio per riconoscere non solo se stessi, ma anche le proprie fragilità. Una conoscenza più profonda che ha consegnato ai corsisti la consapevolezza che essere educatori significa davvero giocarsi con tutto se stessi e ciò implica anche gli aspetti che meno ci piacciono. Ci si mette al servizio con il meglio e la parte più fragile di sé. Nell’esporsi, però, non si è soli: c’è sempre Qualcuno a cui affidarsi e a cui consegnare tutto, dal nostro “fare” al nostro “essere”. Dopo essersi lasciati guidare nel viaggio alla scoperta della propria fragilità con laboratorio teatrale svolto da Mattia Cabrini (formatore della diocesi di Cremona), l’ultimo pomeriggio di Mezzoldo è stato dedicato a un dialogo sulla spiritualità. Questo confronto ha dato il la agli ultimi momenti cruciali del corso residenziale: la messa sotto il tendone e la stesura del testamento. Attraverso questi due momenti, i corsisti hanno potuto rileggere l’esperienza sentendosi consegnare e consegnando a loro volta delle parole che saranno d’aiuto nel loro rientro a casa e verso le nuove avventure che li attendono. Perché Mezzoldo è solo un punto di partenza. Qui, in cui tutto sembra possibile, si ricaricano le batterie e si nutre il seme che ciascuno porta dentro di sé. Il vero viaggio inizia adesso nel proprio oratorio e nella propria comunità. Luoghi in cui si sarà chiamati ad essere educatori. Una parola, la stessa che all’inizio un po’ spaventa, che va a racchiudere l’impegno di questi giovani ad abitare la storia della loro comunità per poi continuare a scriverla tramite le relazioni, la consapevolezza che “Dio ci ama sempre tramite qualcun altro” e con il desiderio di essere sempre in ricerca. Ciò che li attende è un viaggio da condividere con chi gli sarà affidato perché ad ogni passo crescano i più piccoli, ma anche chi li accompagna. Grazie a ciascun corsista per aver condiviso un tratto del loro cammino: fate buon viaggio!
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