Essere educatori con e per i nostri adolescenti

Il percorso formativo "Educatore divento" arriva alla sua quarta tappa: al centro ci sono gli adolescenti.

“Essere educatori”: è questo l’incipit, il punto di partenza di ogni incontro formativo di “Educatore divento”. Ideato e costruito grazie alla collaborazione tra l’Ufficio Pastorale per l’Età Evolutiva, la Pastorale Famigliare e i consultori della Fondazione Angelo Custode, il corso è arrivato al suo “giro di boa” la scorsa domenica. Nella quarta tappa formativa, gli educatori si sono messi nuovamente in gioco chiedendosi “Per chi siamo?”. Dopo aver riflettuto sul proprio “essere educatori”, messo sotto la lente d’ingrandimento l’oratorio e sostato sulla Parola, lo sguardo è stato rivolto ai destinatari della loro cura: gli adolescenti.

 

“Chi sono gli adolescenti oggi? Qual è il compito dell’adolescente? Cosa succede alla mente di un adolescente? Cosa succede nella mente di un adolescente? Come questi processi “mentali” condizionano la relazione educativa? Qual è il compito dell’educatore degli adolescenti? A cosa servo come educatore degli adolescenti in oratorio?”. Di fronte a un periodo della vita come quello dell’adolescenza, le domande che sorgono sono diverse e posso essere anche molte di più di quelle poste all’inizio dell’incontro agli educatori. Avere a che fare con l’adolescenza significa coinvolgersi in una fase di cambiamento, crescita, rischio, ricerca ed esplorazione: è una tappa evolutiva del genere umano che rappresenta un passaggio affascinante della vita, che può mettere a dura prova coloro che l’attraversano. È proprio per questo motivo che, prima di agire, occorre chiedersi chi è la persona con cui si andrà ad intessere una relazione educativa per immaginare delle azioni che possano realmente intercettare i suoi bisogni da cui partire per costruire un progetto di formazione e di accompagnamento.

 

Descrivere un adolescente -che ha come compito quello di definire la propria identità- non è scontato. Dal confronto iniziale tra gli educatori è emersa la narrazione di una persona in divenire, ancora immersa nella ricerca di sé. Bisogni, risorse, fragilità e relazioni hanno completato il quadro che è stato poi riletto dal punto vista dello sviluppo psicofisico degli adolescenti. Il cambiamento e la crescita che vivono in questa fase della vita, infatti, è uno sviluppo che li coinvolge nella loro interezza e, dunque, nel guardare a loro nell’azione educativa non è possibile ragionare per compartimenti stagni. L’adolescente va accolto e accompagnato nella totalità della sua persona, dedicando tempo alla conoscenza e alla relazione, che permettono all’educatore di farsi compagno – un po' più esperto – di quel viaggio meraviglioso e complesso che è la vita. “Ciò comporta una riorganizzazione della relazione educativa che è sottoposta a cambiamenti e adattamenti continui -hanno sottolineato gli operatori dei diversi uffici nel loro intervento-. Ogni adolescente negozia, quindi si confronta e discute con l'adulto, per raggiungere le proprie conquiste. In questa relazione, l’educatore cambia nei confronti dell’adolescente in base alla situazione o al problema da affrontare. Un approccio sempre rigido, solo protettivo o troppo amichevole non si presta a ogni diverso momento della vita di un adolescente. L’adulto, quindi, è chiamato allo sforzo di un approccio mobile”.

 

Questo implica che l’essere educatore sia un percorso in continua evoluzione, mai dato una volta per tutte: non solo perché le generazioni e il contesto cambiano, ma anche perché ciascun adolescente ha una storia con bisogni, fragilità e caratteristiche che chiedono una risposta inedita. È qui che è racchiuso il potenziale della cura: nell’accogliere l’adolescente nella sua interezza e nella sua unicità allenando la propria capacità di adattamento e di stupore. Perché, in una relazione educativa, i destinatari non sono gli unici a cambiare: anche gli educatori sono chiamati a rimettere in gioco il proprio “essere” in relazione a un altro desideroso di cura.

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