Perché formarsi per porsi al servizio dell'altro?

Dal "Perché io?" a una nuova energia: i corsisti si raccontano

Quando si sceglie di partecipare a un corso residenziale per giovani d’oratorio sperduto in quel di Mezzoldo, forse la domanda più quotata tra gli amici è “ma chi te lo fa fare?”. Non nascondiamolo: andare a Mezzoldo è un impegno, eppure 53 giovani hanno scelto di esserci. Per comprendere meglio cosa li ha spinti a partecipare e cosa si sono portati a casa, abbiamo provato a chiederlo direttamente a loro: Alessandra e Gabriele. 

Questi due giovani arrivano da parrocchie con storie diverse tra loro sia per localizzazione che per storia. Alessandra è una giovane originaria delle parrocchie di Pascolo e Vercurago, mentre Gabriele arriva da Cologno al Serio, eppure alla domanda “Perché hai scelto di esserci a Mezzoldo?” hanno risposto allo stesso modo: “Mi è stato proposto dal don”. “Quando don Andrea mi chiesto se volessi andare a Mezzoldo – racconta Alessandra Baccaro – il mio primo pensiero è stato ‘Perché proprio io? Perché stai scegliendo me?’. Io solitamente sono un po’ timida e faccio fatica a buttarmi nelle nuove esperienze, ma ho scelto di fidarmi e di accettare l’invito”. Anche la scelta di Gabriele è maturata da un input del proprio don per poi evolversi successivamente. “Desideravo andare a Mezzoldo anche per acquisire più consapevolezza sul ruolo dell’educatore – spiega Gabriele Rainoldi-. Eppure, ho avuto il timore di non riuscire a viverlo a pieno dopo un’estate ricca di impegni. Nonostante ciò, è bastato rompere il ghiaccio all’accoglienza per spazzare via la stanchezza e tutti i miei dubbi”. 

Che Mezzoldo sia un’esperienza intesa non ne fanno un segreto nemmeno i corsisti, ma dall’altro lato è proprio questo l’aspetto più apprezzato di questo tratto di viaggio. “Avere l’opportunità di dialogare e confrontarsi con i propri coetanei che vivono le tue stesse scelte è stato davvero unico -sottolinea Alessandra-. Ogni dialogo, dal più seguito al più informale, mi ha aiutato a far emergere aspetti e pensieri in modo nuovo. Il picco è stato toccato con il laboratorio sulla fragilità. Lì mi sono sentita accolta perché non c’è un manuale d’istruzioni per essere educatori, ma ci sono io con altri e la possibilità di crescere insieme anche sfruttando le nostre fragilità”. Perché essere educatori è anche questione di apertura come aggiunge Gabriele: “Apertura verso di sé, verso gli altri e verso Qualcun altro. A Mezzoldo mi sono emozionato perché ho avvertito quanto possa essere forte la condivisione e l’esposizione del sé in ogni frangente”. 

Il bagaglio dei corsisti a Mezzoldo si apre inevitabilmente. Ciascuno porta qualcosa di sé e avviene una condivisione da cui si torna arricchiti. “Mi porto a casa molto da quest’esperienza -conclude Gabriele-. Porto a casa consapevolezze, riflessioni e persone che sono un carico di energia importantissimo per rimettersi in viaggio e far germogliare quel seme che ci è stato donato”. “Questa energia sarà la carica e la spinta ad andare verso l’altro vincendo anche la mia timidezza iniziale” aggiunge Alessandra evidenziando un aspetto fondamentale del corso residenziale. Non si va a Mezzoldo per ricevere delle istruzioni per essere educatori pronti all’uso, ma per fermarsi e riflettere sul proprio essere educatori partendo proprio da sé per andare verso l’altro.
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