Duemila adolescenti al Giubileo

Si torna a casa per essere «testimoni della bellezza della fede» ricaricati dal «sentirsi parte di una Chiesa più grande»

Duemila adolescenti, 67 sacerdoti, oltre 140 parrocchie e il Vescovo Francesco: soltanto mettendo in fila poche cifre si può comprendere la portata del Giubileo che gli adolescenti hanno vissuto in questi giorni a Roma. Un appuntamento con la storia perché non capita certo tutti i giorni di vivere il Giubileo e ogni Anno Santo diventa occasione preziosa per rileggere il quotidiano, la storia e la fede alla luce di una ricorrenza straordinaria. Sono stati giorni intensi, come emerge anche dalle parole dei protagonisti, e proprio per questo densi di significato.
 
La messa in Duomo e in Ipogea
Tutto è iniziato con le due messe celebrate in Duomo e nella chiesa Ipogea del Seminario prima della partenza. In due luoghi distinti, ma uniti dallo stesso pellegrinaggio tra le vie di Città Alta, gli adolescenti sono stati guidati nei loro primi passi da don Carlo Nava, delegato vescovile per l’Area Famiglia ed Educazione, e don Michelangelo Finazzi, vicario episcopale per i laici e per la pastorale. 
 
“Dio vive, Dio ti ama, Dio vuole la tua felicità” sono i punti fermi che don Carlo ha consegnato ai presenti. Nel Giubileo è stata individuata la via per riscoprire questo Amore che si fa presente e si mette all’opera per la felicità piena. Sono anche esperienze come queste che aiutano a far proprie queste parole e a cercare il volto di Dio “mostrato da Gesù”. “Donate la vita come Gesù” è stato il consiglio di don Carlo per fare esperienza di Dio durante e dopo il Giubileo. 
 
Il Duomo, invece, è stato animato da un grido: “Shalom”. Un augurio profondo snocciolato da don Michelangelo che ha raccontato come questo non sia un semplice “pace a te”, ma il desiderio sincero attraverso cui si augura ogni bene al prossimo. Dall’augurio si passa all’invito ad assumere questa postura nel mondo a partire dalle piccole cose e dalle grandi urla come quella degli adolescenti in Duomo: “Shalom”. 
 
Dopo le “istruzioni” di stile per vivere al meglio il pellegrinaggio giubilare, sono state le parole del Vescovo Francesco a designare una meta comune: “Tornare a casa desiderosi di essere testimoni della bellezza della fede”. Parlare di rientro quando si è in partenza custodisce il senso del viaggio e dona prospettiva a tutta l’intensità emersa nei giorni trascorsi insieme a Roma. Giorni da vivere uniti dallo stile pellegrino, reso tangibile da un piccolo segno: un braccialetto consegnato alla partenza.
 
L’arrivo a Roma e la via Lucis
Foto di rito a porta San Giacomo e in Piazza Vecchia e gli oltre 30 pullman bergamaschi sono partiti alla volta della fiera di Roma, alloggio e campo base di tutti i pellegrini lombardi. Arrivati di buon mattino, gli oratori hanno potuto esplorare Roma e mostrare la loro vicinanza al Papa con un ultimo e sentito saluto attraversando la Porta Santa di San Pietro e pregando davanti alla salma di Francesco.
 
La giornata si è poi conclusa alla basilica dei Santi Pietro e Paolo per la Via Lucis, una preghiera che vuole ripercorrere gli incontri di Gesù risorto. “La Chiesa ha bisogno di testimoni -ha detto monsignor Rino Fisichella-. Siate anche voi dei testimoni della risurrezione, fatevi portati di gioia”. Una gioia che si è sentita vibrare nell’aria e sui gradini della scalinata della basilica gremiti di adolescenti: tra lo sventolare delle bandiere, i canti e gli abbracci, le prime parole ascoltate si rendono già vive e vere. 
 
Il saluto a Papa Francesco 
Il lutto per la morte di Papa Francesco ha cambiato i programmi, ma per i pellegrini bergamaschi è stata un’occasione per dimostrare tutta la gratitudine e la vicinanza per un pontefice che tanto è stato vicino alle giovani generazioni. “Vi ha sempre detto di non avere paura -ha sottolineato il Vescovo Francesco nel suo augurio riferendosi al Papa-. Non abbiate paura della vita e siate testimoni di speranza”.  Se nella giornata di venerdì circa mille adolescenti hanno scelto di dare un ultimo saluto a Papa Francesco, altrettanti si sono svegliati prima dell’alba per partecipare ai funerali del Santo Padre. Una celebrazione molto sentita e caratterizzata da uno sguardo, quello di tutta la Chiesa, di speranza che guarda con gratitudine al futuro. 
 
L'animazione nelle piazze
Il Giubileo nel pomeriggio ha regalato agli adolescenti dei momenti di animazione in alcune piazze di Roma. Una mostra su Madre Teresa di Calcutta, l'animazione curata del Centro Oratori Romani, le attività degli scout e le proposte di Alpha hanno raccontato il Giubileo sotto prospettive diverse scuotendo le piazze romane che hanno coinvolto diversi adolescenti. 
 
La messa e i primi ricordi 
La speranza respirata nei primi due giorni ha trovato riscontro nelle parole dell’omelia del Cardinal Parolin, nei primi racconti degli adolescenti e nella rilettura di don Gabriele Bonzi, direttore Upee. “Dio viene ad incontrarvi là dove siete, per darvi il coraggio di vivere, il coraggio di condividere le vostre esperienze, i vostri pensieri, i vostri doni, i vostri sogni e per farvi comprendere ciò che più vale nella vita: l’amore che tutto comprende e tutto spera” ha detto il cardinal Parolin nell’omelia della messa di chiusura ricordando agli oltre 100.000 adolescenti arrivati da tutto il mondo che “nulla sarà troppo grande da affrontare con Gesù nulla nostra vita”. 
 
E la grandezza, in senso positivo, è ciò emerge anche dai primi ricordi dei protagonisti. Impegno, comunità, fratellanza, esperienza, unione, amicizia, fatica, divertimento, conoscenza, aiuto, mondo, avventura, caoticamente bello, unicità, movimento, atmosfera, vita, incontro, condivisione, intensità, allegria, cammino, caos, sudore, spirito di adattamento, imprevedibile, intenso, affollato, novità: si potrebbe andare avanti ancora a lungo perché ciascun adolescente bergamasco si è portato a casa qualcosa di unico, speciale e irripetibile che ha lasciato il segno. Sono parole a caldo che avranno modo di decantare e di diventa realtà nella loro vita e in quella della propria comunità. “Gli adolescenti si portano a casa un'esperienza di una Chiesa grande –dice don Gabriele rileggendo i giorni trascorsi insieme-. C’è una Chiesa diocesana unita da una maglietta gialla che ci ha fatto sentire davvero simili. Età e provenienze diverse, ma in quella maglietta c'era qualcosa che ci univa. Un'esperienza di Chiesa universale grazie all’impatto delle folle oceaniche: vedere così tanti adolescenti da tutto il mondo aiuta davvero a comprendere che siamo parte di qualcosa di più grande di noi. Magari un adolescente si sente un po’ solo a volte nel dirsi cristiano, ma essere parte di un gruppo di oltre 100.000 adolescenti fa sentire tutti fratelli”. 
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