C’è un momento dell’anno che è atteso con tanto fermento e altrettanta gioia, un mese per cui si inizia a pensare, progettare e preparare insieme molto tempo prima e ora quel grande giorno è arrivato: il Cre è iniziato e fa “TOCTOC” alle porte degli oratori bergamaschi. Qualcuno ha iniziato subito dopo la fine della scuola, per altri il primo giorno è stato ieri e c’è anche qualche oratorio alle prese con gli ultimi preparativi, ma tutti hanno ormai le mani in pasta e sono pronti a vivere un’esperienza ordinaria che sa di straordinario. Tra gli “addetti ai lavori” ai blocchi di partenza c’è anche don Luca Bertulessi, curato dell’oratorio di Albino, che sta per iniziare il tredicesimo Cre da curato dell’oratorio.
Cosa significa spendersi come sacerdote all’interno del Cre?
La bellezza dell'essere sacerdote sta nel fatto che è parte di te: tu sei sacerdote sempre e all'interno del Cre eserciti quel dono che hai ricevuto avendo la possibilità di comunicare e trasmettere qualcosa che farà parte di te per tutta la tua vita. Personalmente, poi, il Cre è un'occasione per sentire tutta la cura che il Signore ha nei miei confronti. Non è semplicemente un modo attraverso cui io curo la vita dei ragazzi, ma è un’attenzione che Lui ha per me attraverso quegli stessi ragazzi, animatori e giovani che pone al mio fianco. Non dimentichiamoci che il Cre ci dà l’opportunità di avvertire la bellezza della Chiesa: una Chiesa che è comunità come quella ci viene consegnata da Gesù, capace di abbracciare tutti indipendentemente dalle nostre differenze. Essere sacerdote all'interno dei Cre significa questo: accogliere il mandato di cura che Gesù stesso viveva, condividere il Suo stile e portare avanti il Suo messaggio toccando con mano e raccontando a chi incontriamo quanto sia vero, attuale e attendibile.
Cosa ti sei portato a casa di “straordinario” dagli scorsi Cre?
La straordinarietà del Cre è disarmante e ogni esperienza mi ha lasciato molto. La prima è la bellezza del lavoro di squadra. Collaborare non è un’azione semplice o immediata, ma al Cre percepisci come questa sia una scelta bellissima: impari dagli altri, doni agli altri qualcosa di te e ti lasci arricchire dalle altre persone. Un altro aspetto straordinario del Cre sono gli occhi gioiosi e commossi dell'ultimo giorno. Nel momento in cui ci si saluta, quegli occhi raccontano di come qui dentro si sia giocata un'esperienza importante e unica. C’è dello straordinario anche nell’affetto che la comunità ha nei confronti del Cre. In quei giorni, attraverso le chiacchierate, i sorrisi e le preghiere della gente, si percepisce tutto il bene della comunità per i bambini, i ragazzi, gli adolescenti e i giovani. Senti la comunità che fa il tifo per l’oratorio e nell’aria si respira una passione reciproca, gli uni per gli altri.
Quest’anno il tema è il Giubileo: cosa speri possa lasciare ai bambini, ai ragazzi e agli animatori?
Dall’anno del Giubileo e dall’esperienza del Cre spero che si portino a casa la consapevolezza che il Signore li sogna e li vuole felici. Dio ti desidera felice attraverso i gesti degli animatori e dei coordinatori che si fanno tramite della cura della comunità che ti vuole felice. Il Signore non solo desidera la tua felicità, ma manda qualcuno che collabori per la tua gioia. Il Giubileo è l'anno della porta aperta e l'invito è quello di aprire il cuore durante queste esperienze non ponendo limiti alle persone, di essere totalmente disponibili verso tutti. Anche il tema del Giubileo emergerà nei giorni del Cre: in questo mese la speranza si incarna nella gratuità con cui gli adolescenti e i giovani si spendono al servizio dei più piccoli. È una speranza che è certezza e si concretizza attraverso piccoli, ma grandi gesti quotidiani di cura.
Tra le sei dimensioni c’è anche il rito: qual è il primo rito che ti viene in mente presente al Cre? Perché?
Al Cre si vive una ritualità condivisa che è fatta di orari e appuntamenti. C'è il tempo per la preghiera, c'è il tempo del gioco, il tempo dell'informalità, il tempo del pasto, il tempo dell’animazione: tutti i partecipanti conoscono e rispettano questa routine. È un rito anche tutto ciò che ti fa sentire accolto, apprezzato, cercato, pensato e amato: dal saluto all’accoglienza al fischio di inizio per una partita fino alla piccola promessa racchiusa in quel “A domani”, tutto parla di una ritualità che dona sicurezza e serenità. E genera appartenenza perché sono riti che ti fanno sentire parte di qualcosa, ti fanno sentire a casa.
Un augurio a tutti coloro che vivranno il Cre
Con il Cre si apre un tempo di gioia, un tempo di speranza. Sicuramente è anche il tempo di impegno, ma è una fatica che si trasforma e si vive come passione. L’augurio che faccio pensando agli animatori è “metteteci tutto voi stessi”. Se un animatore mette tutto se stesso fa meravigliare, stupire: siete capaci di cose grandi e vi auguro che il Cre sia il vostro momento. Ai più piccoli auguro di vivere davvero questo Cre con tanta gioia: sentitevi a casa e fatevi portatori di gioia per tutta la comunità. Contagiate tutti con la gioia della fraternità, dello stare insieme.