Riconoscersi fratelli e sorelle

Il Cre è un’occasione per vivere una fraternità universale che passa anche per la riconciliazione. Federico Rossi: «Una sfida da affrontare per il bene dei ragazzi e del mondo»

Quante volte al Cre è capitato di assistere a un litigio tra due bambini? Un animatore se ne accorge, calma gli animi e poi ci si stringe la mano per chiedersi scusa a vicenda. Nei casi più difficili interviene un coordinatore, in quelli “più estremi” si cerca subito il don. La riconciliazione, però, non è un patto: lo ricorda anche Federico nelle sue parole sottolineando come questa dimensione sia molto di più. Originario di Pradalunga, Federico Rossi è un seminarista al quinto anno di teologia che sta prestando servizio nella parrocchia di Pedrengo. Un’esperienza che sta vivendo intensamente sotto ogni aspetto, tra cui anche quella della riconciliazione perché ogni giorno al Cre, insieme ai più giovani, costruisce un mondo di pace anche a partire da una stretta di mano.

Cosa significa spendersi come seminarista all’interno del Cre?
Il servizio che sto svolgendo nella parrocchia di Pedrengo è più intenso rispetto alle mie precedenti esperienze pastorali. Qui sto vivendo un’ulteriore dimensione di testimonianza aiutando il parroco, prendendomi cura dei momenti di preghiera e mettendomi in gioco per la comunità. Penso che la figura del seminarista, che è un giovane che si appresta a compiere alcune scelte, possa essere una provocazione interessante per gli adolescenti e i giovani che sono chiamati a scegliere cosa fare della propria vita. 
Inoltre, credo che il Cre possa essere veramente il cantiere nel quale imparare a prendersi cura, la cui massima realizzazione è proprio la vocazione. Non esiste una vocazione solo per se stessi, ma è sempre con gli altri, per gli altri e per l'Altro con la A maiuscola. In tal senso credo che la figura del seminarista possa essere preziosa: è un po’ una via di mezzo tra un giovane che si impegna con dedizione in oratorio e un curato che presta il suo servizio in parrocchia.

Cosa ti sei portato a casa di straordinario dal Cre?
Più vado avanti, più cresco nelle responsabilità e più mi rendo conto che essere al servizio è saper mettere le persone nelle migliori condizioni per vivere, pensare e fare il Cre. Siamo chiamati a metterci in gioco, ma non possiamo fare tutto da soli. Quindi siamo chiamati anche a saper affidare a ciascuno il suo pezzo a seconda dei talenti di ognuno. É sempre molto bello quando, alla fine di ogni Cre, ti rendi conto di quanto quel pezzo che hai affidato non solo è stato curato con passione, ma ha portato frutto più di quanto ci si potesse aspettare. In questo gli animatori e coordinatori sanno sempre stupirti. 
Un secondo aspetto che mi colpisce, soprattutto nel rapporto coi più piccoli, è come faccia bene fare il bene. Scopri che stare vicino, prenderti cura, aiutare, spendere il tuo tempo per gli altri non sia soltanto una cosa bella e buona, ma è una cosa che ti fa stare bene. 

Il tema Giubileo viene affrontato con sei dimensioni: una di queste è la riconciliazione. In quali occasioni ti capita di viverla al Cre?
Solitamente la figura del don e del seminarista vengono interpellate nel momento in cui c’è qualcosa che non va, tra cui anche qualche litigio tra i ragazzi. Sicuramente la riconciliazione emerge nella stretta di mano o nell’abbraccio che si scambiano i ragazzi dopo aver chiarito. Il rischio che corriamo, però, è di ridurre la riconciliazione a un mutuo accordo. Questa dimensione non è soltanto un “fare la pace” tra di noi: ha che fare con quella pienezza d'amore che Dio regala a ciascuno. È una pienezza che penso si riesca a intuire nel Cre perché abita il nostro stare insieme nel bene e nello stile che l’oratorio porta avanti da tempo. 

Perché è importante educare i più piccoli a vivere questa dimensione?
Al Cre, ma anche in ogni situazione della vita, può capitare di discutere, di fraintendersi e di litigare. Ciò che possiamo fare noi è allenare uno sguardo nei confronti del prossimo: se fin da piccoli impariamo che la persona che ho accanto è un fratello o una sorella, io non posso certo tenere il broncio a un mio fratello o una mia sorella per sempre. Capiterà di litigare, ma il passo successivo andrà verso l’incontro, il perdono e la pace perché ci riconosciamo fratelli e sorelle. E non siamo fratelli e sorelle in quanto uomini, ma perché abbiamo un Padre in cielo che ci lega in un’unica fraternità universale. Sembra molto astratto, ma ha conseguenze molto concrete. Se la persona che ho accanto non è solo un amico, ma è anche un fratello allora cambierà il mio sguardo nei suoi confronti e la mia postura nella relazione: sentirò dentro di me un forte desiderio di riconciliazione. È una grande sfida, ma affrontarla per il bene dei bambini ne vale sempre la pena.

Cosa speri che abbia lasciato questo Cre a chi l’ha vissuto?
Spero che sia stata un'esperienza in cui abbiano sperimentato l'attenzione di una comunità cristiana che ha un occhio di riguardo per i più piccoli e i giovani. Quando si muove la macchina del Cre e, quindi la macchina dell'oratorio, non ci sono soltanto il don, il seminarista, i coordinatori e gli adolescenti che hanno deciso di mettersi in gioco, ma c'è tutta una comunità che si mette in gioco attraverso gesti concreti e grandi attenzioni: non è l'impegno di pochi, ma è l'impegno di tutti. È in questa passione che risiede il desiderio di trasmettere i valori e l’amore in cui crediamo. Il Cre è andato bene se siamo riusciti a far passare alcuni valori che sentiamo importanti: l'attenzione a chi fa più fatica, la premura di non lasciare indietro nessuno e lo sperimentare le relazioni in modo fraterno, vero e pieno. 

Un ulteriore aspetto che penso e spero sia rimasto è la capacità di riuscire a tradurre la preghiera in atti concreti. Il momento della preghiera non è la ciliegina da mettere sulla torta all'inizio o alla fine della giornata, ma deve essere il leitmotiv che accompagna le nostre giornate. E infine, non meno importante, la mia speranza è che davvero sia stata un'esperienza di fraternità, amicizia e divertimento. Il bello dell'estate e delle vacanze è quello del riuscire a divertirsi in modo buono e sano dentro relazioni buone e sane.

 
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