Quando il «noi» diventa casa

L’esperienza del Cre chiama tutti a raccolta e sprona a costruire nuove relazioni. Sara Buzzoni: «Essere animatrice è un servizio che ti fa sentire parte di qualcosa di grande»

“Tutti sotto il tendone”: questa frase gridata al megafono, nelle casse o a squarciagola nel cortile suonerà famigliare a molti. Poco importa se il luogo differisce diventando una tettoia, un palco o una tensostruttura in base alle diverse strutture presenti in oratorio. Il concetto rimane lo stesso: c’è qualcuno che ti chiama e, nel chiamare te, chiama a raccolta anche tutti gli altri per ritrovarsi in un gruppo che, giorno dopo giorno, inizia ad essere sempre più ad essere composto da amici, da fratelli e da sorelle. Al Cre si fa esperienza del “noi”, di qualcosa che è più grande del sé, di comunità perché questo tempo trascorso insieme è in grado di spingere ciascuno oltre alle relazioni strette. Anche il bambino più timido può trovare “casa” nel gruppo che si crea in questo mese straordinario e crescendo può prendere consapevolezza di quanto l’amicizia siano un legame prezioso per cui valga la pena buttarsi. 

È ciò che successo a Sara Buzzoni, un’animatrice dell’oratorio di San Pellegrino Terme che ha da poco compiuto diciotto anni. “Sono cresciuta in oratorio e l’ho sempre vissuto come una seconda casa -racconta-. Il ruolo da animatrice, però, è un impegno recente ed è stato un crescendo di responsabilità”. Una responsabilità che ha significato incontri, relazioni e legami che le hanno permesso di “uscire dal guscio”. 

Cosa significa spendersi come animatrice all’interno del Cre?
Spendersi come animatrice è un’occasione di crescita perché ti insegna a mettere l’altro al primo posto. Sei al servizio dei bambini e dei ragazzi e, in questo stile, sei chiamato ad essere esempio. Ogni anno ti assumi sempre più responsabilità e vivi con maggior intensità il tuo ruolo. E con te cresce anche chi ti è affidato: in questo mese, il tuo essere animatore è uno stile che trasmette un messaggio e ciò che stiamo cercando di far arrivare ai bambini e ai ragazzi è l’importanza, la bellezza e la forza del vivere in armonia.

Cosa c’è di speciale nel tuo Cre che ti fa emozionare?
Mi colpisce come ogni anno, tra vecchie e nuove conoscenze, si riesca a creare un gruppo coeso e fraterno capace di donare nuove energie da portare con sé lungo tutto il resto dell’anno. Credo sia questa la mia parte preferita del Cre: io ero, e sono ancora, una ragazza abbastanza introversa. Questa mia timidezza è stata vinta dall’accoglienza che gli altri hanno avuto nei miei confronti soprattutto in un contesto come quello del Cre. Riuscire a trovarmi così bene in un gruppo che ogni anno cambia non era affatto scontato, ma da quando sono animatrice mi sono sempre sentita a casa, parte di qualcosa di più grande e sono stata spronata ad andare incontro al prossimo.

Qual è il segnale usato nel tuo oratorio per radunare tutti? 
Non c’è un motto o un grido iconico per radunare tutti. Ciò che, però, distingue questo momento è l’atteggiamento: già nel vedere l’animatore prendere il microfono, i bambini e i ragazzi capiscono che è il momento dell’ascolto. Orecchie attente e sguardo a chi parla per capire quali sono i prossimi passi da fare insieme. Ce la caviamo con un microfono e due casse per radunare tutti, ma ciò che trasmettiamo sono il rispetto verso l’altro vivendo anche questo semplice momento come gruppo.

Il tema Giubileo viene affrontato con sei dimensioni: una di queste è il raduno. In quali occasioni ti capita di viverla al Cre? E cosa significa per te?
La dimensione del raduno emerge soprattutto durante le gite. In montagna, in piscina e in qualsiasi gita fuori porta ci muoviamo come gruppo. È un segno bello per chi ci vede dall’esterno, ma che rappresenta ancora di più per noi che lo viviamo perché è sintomo di una rete di relazioni che si infittisce, si costruisce e si prende cura di ogni singolo bambino, ragazzo, animatore e coordinatore che c’è all’interno. Ci si sente in oratorio anche fuori dall’oratorio.

Un augurio a tutti gli animatori come te
Credo che l’augurio migliore che si possa fare è quello di lasciarsi emozionare e di poter cogliere il bello in tutte le piccole cose. Anche se possono sembrare ordinarie, in realtà sono davvero preziose: se sono vissute in gruppo tutta questa bellezza si amplificherà. Cogliete il bello e, se non ci riuscite, bussate alle spalle di chi è accanto a voi per cercarlo insieme come ogni gruppo nato al Cre e in oratorio sa fare. 
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