“Se siete quello che dovete essere metterete fuoco in tutto il mondo”. Questa la citazione di santa Caterina scelta come mandato dell’Equipe di Pastorale Giovanile in questo suo primo anno di vita. E se è vero che abbiamo fatto dell’essere luce la nostra missione, è altrettanto vero che il fuoco che ci abita ha bisogno di essere ravvivato per continuare a illuminare, brillare e scaldare. Proprio per questo, dopo un intenso anno di servizio, l’Equipe ha trascorso tre giorni di formazione, tra condivisioni, team building, incontri forti e momenti di spiritualità.
La partenza è stata carica di adrenalina pagaiando tra le rapide del fiume Sesia: con l’esperienza del rafting abbiamo recuperato il senso letterale di quelle metafore di navigazione spesso elevate a massime di vita. Abbiamo quindi “preso il largo”, scoprendo le fatiche che il “navigare in una stessa direzione” comporta, soprattutto con vento contrario e correnti a sfavore. Tutto questo con l’obiettivo di far crescere il nostro essere squadra, trovare ritmo e sincronia, arrivando a misurare il nostro coraggio fino all’estremo di un salto nel vuoto da una roccia.
Quel salto nel vuoto è tornato nei giorni successivi perché il tema del sogno ha guidato i nostri passi. E cosa è un sogno se non un lanciarsi, talvolta temerario ma sempre speranzoso, verso una promessa di Bene? Non più un salto nel vuoto dell’acqua, bensì un balzo nel pieno di un cielo stellato.
Tre tappe, tre giovani torinesi, tre imprese di Bene: stelle cadenti di desideri avverati, stelle comete a orientare il mondo intero. La prima storia è stata quella di Piergiorgio Frassati, coetaneo la cui vita, nella sua breve lunghezza, ha sovrabbondato in larghezza e profondità. Seguendo la sua presenza nei luoghi a lui cari, lo abbiamo poi “incontrato” nel Duomo, pregando le sue beate spoglie di concedere alle nostre vite almeno un briciolo della santa sorte che ci ha tramandato.
La passeggiata tra le stelle ha poi fatto tappa al Sermig, l’Arsenale della Pace, luogo di surreale traboccare di bene, nato dagli intrepidi desideri di Ernesto Olivero che, Bibbia in mano e sguardo al cielo, si è raccontato testimone vivente e vissuto di un sogno realizzato: poche parole e tanti gesti, per cambiare il mondo con “disarmante bontà”. E infine un percorso a ritroso ci ha portato sulle tracce di san Giovanni Bosco. Nel suo primo oratorio, a Valdocco, un momento di deserto ci ha lasciato in silenzio in compagnia dei nostri sogni. Li abbiamo consegnati a lui, sognatore per eccellenza, che ci ha indicato la via conducendoci dove tutto è iniziato. È a Colle don Bosco, porta della sua casa, culla della sua infanzia, scenario in cui il suo sogno si è ambientato, che abbiamo consegnato e accolto, gli uni con gli altri, quei desideri di bene meditati nel cuore.
Torniamo da questi giorni rigenerati da una sosta che è condizione necessaria al nostro fare. Questo tempo ha generato lo spazio in cui sono germogliati nuovi sogni, per la nostra vita, per la Pastorale Giovanile e per quella Chiesa di cui proviamo, col nostro servizio, a essere volto sorridente.