Giovani inviati come testimoni di gioia e dell’amicizia di Gesù
Cinque note di gioia, quattrocento giovani e un momento di preghiera: ecco la GMG diocesana vissuta insieme al Vescovo Francesco
Cinque note, quattrocento partecipanti e un momento di preghiera: la quarantesima Giornata Mondiale della Gioventù ha radunato diversi giovani nella Chiesa Ipogea del Seminario per una veglia di preghiera sentita e partecipata. Guidati dalle note di gioia della lettera pastorale del Vescovo e dalla sua riflessione, dalle parole del Papa, delle provocazioni dei testimoni, dal confronto reciproco, i giovani hanno potuto comporre una sinfonia che li ha portati in adorazione di fronte a Gesù.
Tutto ha avuto inizio con i ricordi del Giubileo dei Giovani, un’esperienza che è rimasta nel cuore a tanti per l’intensità e la gioia che hanno caratterizzano i giorni trascorsi a Roma. Una gioia ripresa anche nel messaggio di Papa Leone che l’ha indicata come una caratteristica fondamentale della testimonianza.
“Con gioia date testimonianza” non è stata solo la conclusione della lettera rivolta ai giovani, ma anche il titolo e il filo rosso della veglia che ha visto le due tematiche – gioia e testimonianza – intrecciarsi su un pentagramma ricco di note.
Gioia e testimonianza: i due elementi chiave
Riprendendo la lettera pastorale del Vescovo Francesco, i giovani hanno pregato accompagnati da cinque note di gioia. Con la prima, la nota dell’«Accogliere», i giovani si sono messi in ascolto del Vangelo di Giovanni in cui emerge con forza il valore della testimonianza. Attraverso la figura di Giovanni il Battista si comprendono i tratti distintivi del testimone preso a modello dal pontefice perché “da lui impariamo che la testimonianza cristiana non è un annuncio di noi stessi, ma è riconoscere e mostrare Gesù”.
Il primo passo per essere testimoni, dunque, è il riconoscere la gioia a partire dalla quotidianità, dai piccoli momenti e gesti che trovano una precisa collocazione nella vita. “Al termine del Vangelo – ha sottolineato don Gabriele Bonzi, direttore UPEE e degli Uffici Tempi dello Spirito e Vocazioni – abbiamo ascoltato che “erano circa le quattro del pomeriggio”. Questo ci dice come la gioia non sia astratta, ma concreta e precisa. C’è un appuntamento con la gioia che ci attende.
Le note di gioia dei testimoni
A dare voce alla concretezza della gioia sono stati tre testimoni che, in tre note, hanno raccontato avvenimenti, incontri e cambiamenti attraverso cui hanno ricevuto questo grande dono. Con la nota di gioia del «Nascere», Sara e Marco hanno narrato il loro percorso nel diventare genitori in cui le insicurezze sono state vinte da “un amore che sarebbe bastato”. Michele, volontario Caritas in servizio al Galgario, nella nota di gioia del «Servire» ha fatto emergere tutta la consapevolezza necessaria per prendersi cura e di tutti rimandi che si trasformano in occasioni di felicità.
La nota di gioia del «Festeggiare», invece, è stata fatta risuonare da Isha, una giovane catecumena che a breve riceverà il battesimo. “Ciò che mi ha colpito è stata l’accoglienza gioiosa della comunità cristiana –ha detto-. La fede non è un cammino da fare da soli, ma essere luce per gli altri come loro lo sono stati per te”. Ogni testimone ha concluso con una domanda rivolta ai giovani e posando la loro nota di gioia sul pentagramma posto al centro della Chiesa Ipogea.
Il pentagramma, da lì a poco, è stato riempito da tutte le note aggiunte dai giovani nel momento dedicato alla condivisione. Nella quinta e ultima nota di gioia, il «Condividere», i giovani si sono confrontati a coppie interrogandosi a vicenda su quale sia stata la gioia più grande provata nella loro vita e sugli insegnamenti che questa ha portato con sé. Ciascuno, su una nota di carta, ha poi scritto la caratteristica della gioia che aveva scoperto nell’altro andando ad arricchire il pentagramma.
In ascolto del Vescovo Francesco
Di fronte a un pentagramma pieno, il Vescovo Francesco ha preso parola guidando i giovani nel riconoscere Dio in tutte queste note di gioia. “Se si vuole parlare di gioia occorre farlo in punta di piedi” ha esordito monsignor Beschi ricordando come questo sia un argomento delicato in un mondo in cui si percepisce anche tanta sofferenza.
“Il desiderio di felicità, però, è nel cuore di tutti: anche nel cuore della persona che sta vivendo il suo momento di più grande tristezza. Possiamo parlare di gioia solo se essa ci abita e, anche nelle delusioni e nei fallimenti, essa è presente perché la gioia piena non è conquista, ma dono. E per riconoscere Dio in questo dono occorre porsi in ascolto del nostro cuore e di quello del prossimo, fare silenzio, ma anche esultare. Gioire delle gioie altrui ha a che fare con Dio perché insieme si esulta, non ci si esalta e ci si concentra sulla fonte inesauribile della gioia: l’Amore”.
“Quando siamo bambini abbiamo bisogno di essere amati per imparare il linguaggio dell’amore e si diventa grandi diventando capaci di amare. In un frammento, una briciola, uno sguardo: lì c’è la gioia, lì c’è l’amore, lì c’è Dio. La gioia nasce dall’amicizia di Gesù e quando si avverte un’amicizia così non si torna più indietro perché Gesù non ti molla, ti viene sempre a prendere e rimane fedele al legame stretto con ciascuno di noi. Cari giovani, andare per le strade della vita con la certezza di essere amati e siatene testimoni, siate prossimi ai vostri coetanei e ai poveri con questa gioia nel cuore”.
Il finale con l’adorazione Eucaristica
Tutte le parole, le domande, le provocazioni e le emozioni della veglia sono state affidate a Gesù Eucarestia, “chiave di Sol” che ha donato senso a tutto il pentagramma costruito dai giovani.
In quel momento, il silenzio di Tor Vergata è tornato a farsi presente: non vuoto, ma ricco della presenza del Signore e parte integrante di una musica in cui anche il silenzio necessita di spazio per far risuonare ogni nota. Non solo nella veglia, ma anche nella vita di tutti i giorni, in cui i giovani sono stati inviati come testimoni gioiosi.