a quotidianità, gli impegni, il lavoro, lo studio, le abitudini della settimana: siamo tutti sommersi e presi da questa frenesia del non perdere tempo. Fermarsi? È fuori discussione. Chi si ferma è perduto e bisogna correre. È un bene, per certi versi, che non si voglia sprecare tempo. Non è infinto ed è giusto sfruttarlo nel miglior modo possibile. C’è chi il tempo ha scelto di dedicarlo agli altri e non per una causa qualunque, ma per far vivere un’esperienza di fede a giovani come lui. Questa è la storia che hanno scelto di vivere i giovani di Scuola di Preghiera mettendosi in gioco per la missione giovani nell’unità pastorale di San Pellegrino e Santa Croce. Giovani che hanno camminato “Verso l’Alt(r)o”.
Settimana vocazionale? Cos’è?
Dopo Boltiere e Zanica, la settimana vocazionale prende forma anche in Val Brembana portando giovani con storie diverse ad essere testimoni di fede. Tra di loro ci sono studenti, ma anche lavoratori che da maggio hanno scelto di ritagliarsi del tempo per preparare l’iniziativa. “L’organizzazione della missione parte dal desiderio di condividere con altri giovani un’esperienza che può essere positiva per la comunità, ma in primis per i giovani che sono coinvolti nell’animare la missione – racconta Luca Rota, un giovane responsabile della settimana vocazionale -. Circa sessanta giovani si sono tuffati in questa esperienza e hanno messo in circolo le loro qualità, il loro amore verso gli altri. Pur essendo giovani studenti universitari, giovani lavoratori, giovani sportivi, giovani innamorati e che quindi hanno molto tempo già impegnato in moltissime buone relazioni. Eppure, avendo in cuore il desiderio di tendere verso l’Alto hanno trovato del tempo anche per questa iniziativa”.
Nella preparazione della settimana vocazionale che si è appena conclusa a San Pellegrino, ogni giovane ha messo in gioco le proprie qualità e le proprie caratteristiche. Ognuno si è impegnato nell’ambito in cui si sentiva più portato e donando qualcosa di sé, ma anche sperimentando cose nuove. Organizzare una missione giovani significa avere diversi gruppi che lavorano sulla fascia d’età. Il lavoro svolto, poi, si incastrerà con quello degli altri come a completare un grande puzzle. “Oltre alla proposta vera e propria – prosegue Luca – in questa missione abbiamo anche incontrato le famiglie. Ogni domenica dal primo settembre, circa quindici giovani sono stati ospitati in altrettante famiglie di San Pellegrino e Santa Croce per condividere dopo la celebrazione eucaristica anche il pranzo domenicale”.
Perché i giovani si mettono in gioco?
Con tutti gli impegni e il tempo da ritagliare, per quale motivo un giovane dovrebbe giocarsi all’interno di quest’esperienza? “Quando gratuitamente ti spendi per il prossimo, questo ti trasforma, scalda il tuo cuore, capisci che c’è qualcosa di grande che è avvenuto in ciò che all’apparenza è piccolo o non fa scalpore, che può essere un incontro con le famiglie, un incontro con un ammalato, un gioco con i bambini, un pranzo domenicale condiviso -spiega Luca -. Quel qualcosa di grande che ti trasforma è l’incontro con l’altro, ma che rimanda ad un Altro che ci chiama ad alzare lo sguardo a comprendere che ciascuno di noi è chiamato a grandi cose, con e per gli altri, non siamo fatti per stare chiusi in noi stessi, abbiamo questa scintilla di Dio che ci spinge ad incontrarci con il prossimo”.
Dopo tutto, cosa resta?
D’istinto verrebbe da cercare Dio con lo sguardo rivolto verso l’alto, invece questi giovani l’hanno trovato nell’altro, tra i volti della comunità che li ha ospitati. Volti come quelli di Davide e Giulia che, spinti dalla curiosità e dai consigli di catechisti e don, hanno scelto di partecipare alla settimana vocazionale. “La prima serata che abbiamo vissuto insieme – ricorda Giulia – è stata davvero bella perché, grazie a canti e balli, siamo riusciti a conoscerci meglio e a superare la timidezza di stare e confrontarsi con persone nuove”. I due adolescenti di San Pellegrino da domenica sono tornati alla quotidianità, ma con un bagaglio arricchito dalla missione giovani. “Non saprei scegliere quale momento è stato il più bello, perché tutti sono stati diversi, ma è proprio questa diversità che li ha resi meravigliosi ed unici – racconta David e-. Ognuno di essi racchiudeva dentro di sé un insegnamento”.
Tutti tornano a casa con qualcosa in più. Davide con il desiderio di andare verso l’altro per incontrare Dio, Giulia con la voglia di dedicare del tempo all’oratorio e Luca con tanta meraviglia. “Mi meraviglio ogni volta alla fine di esperienze del genere di come un gruppo di giovani abbia saputo trasformare un’intera comunità per alcune settimane, sperando che sia solo l’inizio. Mi meraviglia perché so che non saremmo mai stati in grado se, in primis, noi non ci fossimo lasciati trasformare dal Signore. Meraviglia, gioia e gratitudine!”.